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IL PLANK COME ESERCIZIO TERAPEUTICO IN CAMPO RIABILITATIVO

IL PLANK COME ESERCIZIO TERAPEUTICO IN CAMPO RIABILITATIVO

A cura di: Martina Muscedere – Fisioterapista, Chinesiologa, Rieducazione Posturale Globale (R.P.G)

Nel presente articolo è stato preso in esame il plank come esercizio terapeutico in campo riabilitativo.

Si tratta di un esercizio isometrico, eseguito a corpo libero, il cui scopo è quello di mantenere il corpo sollevato da terra, avendo come punti di appoggio solamente i gomiti e gli avampiedi, resistendo alle forze che agiscono su di esso. L’esercizio coinvolge molteplici gruppi muscolari:

  • addominali: traverso dell’addome, obliqui interni ed esterni, retto dell’addome;
  • deltoide;
  • principali muscoli degli arti inferiori: quadricipite, ischio-crurali, glutei.

Sono stati presi in esame articoli che comparassero il suo utilizzo fisioterapico mettendo a confronto diverse varianti o esercizi comparabili in termini di attivazioni muscolari come il crunch, il leg raise, il bird-dog. Da queste analisi e comparazioni è emerso che:

- uno dei principali vantaggi del plank è quello di attivare gli addominali con basse forze di compressione sulle vertebre lombari (da 1600 a 1800 N), rispetto ad un leg raise o ad un reverse crunch;

- rispetto al leg raise, è un esercizio in catena cinetica chiusa che attiva maggiormente gli obliqui e meno il retto.

Essendo il leg raise un esecizio in catena cinetica aperta, dovrebbe coinvolgere di più la porzione più caudale delle catene muscolari perché sono le gambe ad essere contro gravità. La realtà ha invece dimostrato che le attivazioni muscolari sono simili, con il vantaggio però, come si diceva, del maggior controllo sulla cerniera lombare nel plank. La maggior attivazione del retto nel leg raise sembra, invece, essere associata al controllo pelvico volontario che ne limita la rotazione:

- rispetto al bird-dog è un esercizio che attiva maggiormente retto, trasverso e soprattutto obliqui, e meno gli spinali;

- un internal focus sugli addominali aumenta l’attività del retto addominale;

- una dorsiflessione isometrica dei piedi aumenta l’attivazione dei muscoli addominali;

- la sua esecuzione su una superficie instabile aumenta l’attivazione del traverso.

Gli studi hanno comparato l’attività elettromiografica del retto dell’addome, degli obliqui esterni, del gran dentato e del retto femorale nel plank a terra, nel plank con la sospensione degli arti superiori, di quelli inferiori e di entrambi al trx ed è emerso che tutte le attivazioni muscolari risultano maggiori nel plank eseguito in sospensione, soprattutto con gli arti superiori sospesi. È emerso, invece, che la doppia sospensione non sembra produrre effetti maggiori di quella con i soli arti inferiori o superiori:

- una flessione del tratto cervicale aumenta l’attività degli addominali e lo sforzo percepito, mentre un’estensione non cambia l’attività rispetto alla posizione neutra. Oltre a questo, è stato riscontrato che la postura del tratto cervicale non ha influenze sul tratto lombare;

- un’attivazione isometrica unilaterale degli adduttori controlaterali mostra un’aumentata attivazione degli obliqui interni rispetto ad una contrazione bilaterale, probabilmente grazie all’attivazione della catena crociata anteriore;

- la condizione orizzontale aumenta l’attivazione degli obliqui interni e degli erettori spinali, ipotizzandone un maggior controllo del drop pelvico;

- l’aggiunta delle estensioni d’anca in posizione di plank permette di ottenere una maggior attivazione del gluteo maggiore rispetto ad altri dieci esercizi, comparandoli con elettromiografia. Questo può fortemente validare l’esercizio come uno dei migliori nel trattamento degli hip injuries.

Se si considerano, inoltre, varianti postulali il side plank, con un’abduzione di anca isometrica, può essere considerato l’esercizio che meglio attiva il medio gluteo, e può dunque essere proposto in tutti quei casi che ne mostrano una diminuzione di forza come un infortunio o un intervento di protesi con e senza resezione, ad esempio. Il Copenhagen plank, invece, è quello che meglio attiva gli adduttori, e quindi molto utile nei gironi pain e non solo, se si considera che si attivano quando ci alziamo dalla posizione seduta o quando camminiamo in fase di stanca su un piede, pertanto, molto utile anche per la prevenzione generale sulla distribuzione del peso.

Nello sport si è spesso sentito parlare anche di plank calistenico, ovvero una postura in completa retroversione del bacino con appoggio sul dorso dei piedi, uniti, e peso sbilanciato in avanti. Questo ha mostrato un’attivazione quasi del doppio, a livello di mV, nel retto dell’addome, verosimilmente per una maggior retroversione del bacino che avvicina le coste al pube. È stata dimostrata, inoltre, una maggior attivazione degli obliqui, accentuata negli atleti che praticano appunto calisthenics, per una maggior conoscenza del gesto, tornando al tema dell’aumento di focus.

Parlando di varianti, inoltre, uno studio del 2022 ha preso in esame il reverse plank, che prevede il mantenimento di un assetto posturale supino neutro con spalle, bacino e gambe allineati e l’appoggio sui palmi delle mani e sui talloni, risulta essere un ottimo esercizio per il trattamento della forward shoulder posture, mostrandone benefici già dal breve termine prendendo in esame l’angolo tra C7 e l’orizzonte e tra C7 e il processo acromiale. L’esercizio ha infatti diminuito la stiffness del gran pettorale e del trapezio superiore aumentando quella del gran dentato e del trapezio inferiore.

Le evidenze riportate al momento riguardano il trattamento del low back pain, dei cosiddetti hip-focus injuries e della diastasi addominale. Determinate varianti si sono, infatti, mostrate le migliori nell’attivazione del grande e del medio gluteo, mentre la comparazione con altri esercizi di rinforzo addominale ne ha riportata la superiorità in termini di sicurezza per le minori forze di compressione ed il maggior controllo sulla cerniera lombare. Per quanto riguarda il low back pain, che sappiamo essere una delle maggiori patologie muscolo-scheletriche in termini di incidenza ed in termini di impatto economico, si è visto che i pazienti affetti mostrano una diminuzione della forza muscolare degli addominali e degli estensori di tronco per cui, pur non potendola considerare come un fattore predittivo, un programma di esercizi che migliorino la forza e la resistenza di questi muscoli come il plank, ne aiuta e facilita la ripresa nonché il tasso di incidenza futura. Hanno altresì riportato migliori risposte metaboliche e cardiovascolari comparando l’esecuzione del plank intermittente, con tante serie ripetute di breve durata, a quella di un esercizio cardio-polmonare costante di più lunga durata. Gli studi sono stati effettuati su pazienti con malattie cardiovascolari lievi e risposte metaboliche e cardiovascolari inferiori alla media comparando tre serie di un minuto di plank con un minuto di riposo a sei minuti continuativi di cyclette.

Uno studio ha, inoltre, preso in esame l’utilizzo del side plank nel trattamento delle scoliosi, senza riportare risultati soddisfacenti. Non è, tuttavia, stato specificato se il trattamento fosse avvenuto in correzione.

Sarebbero necessari ulteriori studi che prendano in esame campioni più ampi e che considerino anche altre patologie come quelle di spalla, sapendo ad esempio che il primo muscolo che si attiva in un’abduzione di spalla è il trasverso e avendo qui avuto conferma del fatto che il plank è uno dei migliori esercizi per attivarlo.

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