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Pallavolo e scoliosi

a cura di: Saverio Colonna MD (dir. Spine Center, Scuola di Osteopatia OSCE)

Introduzione

L'eziologia della scoliosi idiopatica adolescenziale non è ancora completamente compresa, attualmente, l'eziologia multi-fattoriale sembra essere la causa più accettata. Tanchev et al. (2000) hanno suggerito che la forza muscolare asimmetrica, insieme alla lassità legamentosa e al menarca ritardato, potrebbe alterare il meccanismo dell’equilibrio della colonna vertebrale e potrebbe eventualmente innescare lo sviluppo della scoliosi, soprattutto nel sesso femminile. La scoliosi di solito appare durante la crisi puberale dove è presente il maggiore accelerazione della crescita (Risser 1958), portando inizialmente a deformità estetiche, ma progredendo può portare a varie disabilità e limitazioni.

Scoliosi e attività sportiva

Storicamente, negli Stati Uniti esistono raccomandazioni in letteratura che le persone con scoliosi non dovrebbero partecipare all'esercizio fisico. Uno dei primi studi sulla scoliosi e sul trattamento era uno studio del 1941 pubblicato dall'American Orthopedic Association (Shands et al. 1941), questo gruppo suggerì che l'uso di esercizio era da proscriversi per i pazienti con scoliosi idiopatica perchè peggiorativo delle curvature laterali. In 185 casi trattati con solo esercizio, circa il 60% dei pazienti aveva avuto un peggioramento della curva; e la curva era rimasta invariata nel restante 40%. Questo articolo concludeva sottolineando che il corsetto e la fusione chirurgica erano i trattamenti di scelta. Le determinazioni fatte in questo studio alla fine hanno portato a raccomandazioni diffuse per i pazienti con scoliosi di evitare attività sportive ed esercizio fisico (Wood 2002). Questo potrebbe spiegare per un certo periodo la scarsità nella letteratura riguardante l'appropriatezza dell'esercizio e dell'attività sportiva per i pazienti con scoliosi.
Da qualche anno è cambiata completamente la considerazione dell’attività sportiva nel paziente scoliotico.
Von Strempel et al. (1993) hanno pubblicato il primo articolo sul tema dell'attività fisica e della scoliosi. Sulla base della loro esperienza in pazienti con scoliosi, trattati chirurgicamente e non, hanno formulato diverse raccomandazioni riguardo all'adeguatezza dell'attività fisica per i loro pazienti. Per la scoliosi con un angolo di Cobb inferiore a 20 °, non hanno suggerito restrizioni sull'attività. Per curve da 20 ° a 30 °, raccomandavano restrizioni da quello che definivano sport da prestazione; ma erano ammessi gli sport scolastici e gli sport agonistici. Per le curve da 30 ° a 50 ° o da 20 ° a 30 ° con una progressione di 5 ° in 6 mesi, hanno permesso gli sport scolastici con i pazienti che indossavano un tutore e hanno anche permesso alcuni sport non scolastici (ad esempio, equitazione, tennis, ping-pong) ma non raccomandano lo sport performativo o gli sport agonistici a livello di club. Per curve di 50 ° o superiori, gli Autori raccomandano gli sport di resistenza (ad es. ciclismo, nuoto, escursioni, jogging). Per i pazienti postchirurgici, non hanno permesso lo sport per 1 anno, compreso il ciclismo e il ping-pong, e nessuno sport agonistico nel secondo anno postoperatorio; ma permetterebbero il ritorno agli sport nel terzo anno se la massa di fusione fosse pienamente consolidata. Non consentirebbero affatto un ritorno allo sport performante e/o con carichi assiali e rotazionali (compresi i giochi con la palla, il tennis, lo sci alpino, il trampolino, l'atletica tecnica, la ginnastica ritmica, gli sport di contatto) dopo l'intervento.

Wood (2000) ha dichiarato che la scoliosi trattata non chirurgicamente non costituisce una controindicazione alla partecipazione alla maggior parte degli sport, affermando che "Non c'è alcuna prova oggettiva in letteratura che suggerisca che la partecipazione attiva a qualsiasi sport sia direttamente associata al peggioramento delle curvature scoliotiche oltre a quello della storia naturale del disturbo". Simile a Wood, Omey et al. (2000) hanno suggerito che la scoliosi non è una controindicazione alla partecipazione sportiva e affermavano che, a meno che una scoliosi fosse grave, non riduce la funzione fisica; e hanno raccomandato l'esame per la patologia sottostante (ad esempio, siringo- melia, ernia del disco, malattia degenerativa della colonna vertebrale) se il dolore accompagnava la scoliosi. Hanno anche incoraggiato esercizi di rafforzamento attivo e di flessibilità per la colonna vertebrale durante l'uso del tutore e hanno sostenuto che si possono praticare sport mentre l'atleta non indossava un tutore.
Omey et al (2000) hanno specificamente affermato che l'attività acquatica può essere utile per mantenere la flessibilità, la forza, e resistenza, mentre la pallavolo professionale dovrebbe essere evitata a causa dello stress delle faccette, ma che la pallavolo amatoriale / dilettantistica sia accettabile.
Nel 2004, Baker e Patel (2005) hanno ribadito la convinzione che la sola scoliosi non è un criterio per la proscrizione dagli sport, affermando che i pazienti che utilizzano il busto possono richiedere una limitazioni di partecipazione sportiva mentre l'atleta indossa il tutore; gli fa eco la posizione di Liljenqvist et al. (2006) che incoraggiano l'attività sportiva per il benessere fisico e psicologico, anche per quei pazienti che indossano un tutore.

Attività sportiva in Italia

Dal censimento del 2017 degli atleti iscritti al CONI  (https://www.coni.it/images/numeri_dello_sport/Rapporto_FSN_DSA_2017.pdf) sul podio degli sport con il più alto numero di atleti maschi salgono, nell’ordine, la FIGC con oltre 1 milione di calciatori (pari al 31% di tutti gli atleti tesserati alle FSN-DSA); la FIP con più di 270 mila cestisti e la FIT con oltre 250 mila tennisti. Il maggior numero di atlete, invece, è concentrato nella FIPAV, sono infatti più di 250 mila le pallavoliste (pari al 19% di tutte le atlete tesserate CONI); seguono la FIT con oltre 120 mila tenniste e la FGI con oltre 100 mila ginnaste.
Degli atleti praticanti la pallavolo iscritti al CONI il 77% sono femmine e il 23% maschi.
La scoliosi è presente allo stesso modo nei maschi e nelle femmine per le curve di circa 10 °, ma con le curve più gravi, la prevalenza della scoliosi è maggiore nelle donne (Weinstein 1989). Per questo motivo la pallavolo ha una stretta relazione con la scoliosi.
La pallavolo è uno sport fra i più conosciuti e apprezzati sia da bambini che da bambine tanto che, per moltissimi anni, è stato lo sport principale praticato a livello scolastico nei tre anni delle scuole medie sia dai maschi che dalle femmine. 
E’ opinione comune che la pallavolo sia il migliore sport di squadra per le bambine per il limitato contatto fisico e per la necessità di condividere per forza l’azione tra più atlete mediante i tre tocchi classici.
Come tutti gli sport di squadra, anche la pallavolo favorisce in primis gli aspetti socializzanti: integrazione nel gruppo, solidarietà, coesione e spesso anche l'amicizia. Questi ultimi elementi, soprattutto per soggetti preadolescenziale, in fase di costruzione della personalità, risultano importanti, visto che, come sottolineato da alcuni studi (Bengtsson et al 1974; Saccomani et al 1998) questi giovani pazienti soffrono di insicurezza e senso di inferiorità.

La pallavolo

Per descrivere in modo più approfondito i possibili coinvolgimenti positivi o negativi del praticante la pallavolo con dismorfismi del rachide, è opportuno una sommaria descrizione dei fondamentali di questo sport.

La pallavolo, o volley (forma abbreviata dell’inglese volleyball) è uno sport di squadra (ogni squadra ha 6 giocatori in campo e 6 in panchina), dove non esiste il contatto fisico.

Si gioca con la palla su un campo, dalla superficie piana ed uniforme in parquet o in materiale sintetico, di forma rettangolare, suddiviso in settori da linee bianche parallele ai lati più corti del campo.

L’obiettivo della disciplina sportiva è quello di far cadere a terra la palla nell’area di gioco avversaria, facendolo passare sempre al di sopra della rete (fase offensiva) impedendo, ovviamente, che l'altra squadra faccia altrettanto (fase difensiva), oppure di mettere gli avversari in condizione di commettere errori, ovvero di non riuscire a rimandare regolarmente il pallone nella metà campo avversaria.

La pallavolo è caratterizzata da azioni di gioco particolarmente rapide, relativamente brevi in durata e richiedono interventi che migliorano la coordinazione, i tempi di reazione motoria, l’abilità, la visione periferica, la valutazione delle distanze, delle traiettorie e l’anticipazione motoria.

Prima di addentrarci nell’argomento è importante descrivere quali sono i fondamentali della pallavolo, cioè la gestualità sport specifica, per poi analizzare quali di questi movimenti e/o posture possono condizionare l’asse della colonna vertebrale, soprattutto in soggetti in crescita.

Per fondamentale si intende un'azione specifica che compie il giocatore di pallavolo. Vengono chiamati "fondamentali" in quanto devono far parte del bagaglio tecnico di ogni giocatore, dovrebbero essere appresi fin dai primi anni nei quali il bambino si dedica al gioco (minivolley) qualunque sia la sua specializzazione nel futuro (centrale, laterale, opposto, alzatore, libero). Di seguito analizziamo brevemente i cinque fondamentali principali eseguiti nel gioco della pallavolo.

Palleggio

E’ il fondamentale più utilizzato. Dal 1895 al 1950 circa si è sempre chiamato palleggio il passaggio con il palmo delle mani, poiché la palla veniva trattata solo con esse. Quando nel 1950 sono apparse le prime respinte a braccia unite si è parlato di "salvataggio" non potendo classificare bene il colpo. Serve per passare, respingere ed alzare la palla ed è il primo fondamentale che normalmente si insegna perché consente sia di attaccare, sia di difendere e di costruire il gioco. Non è semplice da imparare perché richiede un ottimo posizionamento rispetto alla palla ed una sensibilità per respingerla senza incorrere nei falli di trattenuta, accompagnata o doppio palleggio.

Il palleggio è il fondamentale tipico del secondo tocco di squadra e da esso dipende la preparazione all’attacco. Il passaggio con il palleggio va eseguito con parabola alta, per permettere al compagno di prepararsi alla ricezione.

Il palleggio può essere effettuato in avanti (è il più comune), all’indietro (per smarcare un attaccante), in salto (per velocizzare il gioco o per giocare una palla vicino alla rete), in rullata (per giocare in alzata anche palloni bassi).

Dovendo colpire la palla sopra la testa è importante spostarsi in anticipo rispetto alla sua traiettoria. E’ indispensabile anche la frontalità dell’azione per la riuscita del movimento.  

Elementi tecnici essenziali per una corretta esecuzione del palleggio (fig. 1)

  • Il movimento parte sempre dai piedi che devono essere correttamente posizionati.
  • Arti inferiori semi piegati, leggermente divaricati e sempre pronti a spostarsi in ogni direzione.
  • Arti superiori flessi verso l’alto, con i gomiti in fuori.
  • Mani ben aperte con le dita allargate, ma vicine e in leggera tensione per rinviare la palla, a forma di “scodella” o “cuore rovesciato”.
  • Pollice, indice e medio sono le tre dita che ricoprono il ruolo più importante, mentre anulare e mignolo svolgono un’azione di guida per la palla.
  • Mani all’altezza del mento nella fase di attesa per poi spostarsi al livello della fronte al momento dell’impatto con la palla.
  • Estensione degli arti superiori per toccare ed ammortizzare la discesa della palla, facendo attenzione a non trattenerla.  
  • Spinta delle dita, con i pollici orizzontali, deve avvenire contemporaneamente per poter indirizzare la palla nella direzione voluta.
  • Il movimento delle braccia è accompagnato dall’estensione completa e dalla spinta del tronco e degli arti inferiori.

Bagher

Il bagher è il fondamentale tecnico che si esegue colpendo la palla con la parte radiale o con la parte interna degli avambracci uniti, per respingere ed indirizzare i palloni che arrivano con traiettoria bassa, corta o con velocità elevata. Rappresenta il fondamentale ideale per ricevere la battuta e la schiacciata avversaria.

Il bagher costituisce il fondamentale tipico del primo tocco di squadra ed è naturale la sua importanza  non solo per una buona difesa ma anche come preparazione ad un attacco efficace.

Il bagher, meno preciso del palleggio, può quindi essere d’alzata, di appoggio, di difesa o di ricezione.  

L'importanza di questo fondamentale è al giorno d'oggi decisiva ai fini del risultato di un incontro, in quanto costituisce sempre il primo, a volte anche il secondo, tocco di ogni azione. A seconda delle varie direzioni in cui si muovono le braccia si avrà il bagher in avanti o quello laterale. Il bagher in avanti (o frontale) è quello più utilizzato: è il passaggio con le braccia che invia la palla davanti al corpo.

Elementi tecnici essenziali per una corretta esecuzione del bagher (fig. 2)

  • Arti inferiori leggermente divaricati avanti con appoggio asimmetrico.
  • Busto leggermente inclinato in avanti.
  • Arti superiori distesi avanti con gli avambracci paralleli e supinati con l’interno rivolto in avanti-alto.
  • Mani unite e flesse verso il basso per aumentare la tensione delle braccia.
  • Prima dell’impatto con il pallone, tutto il corpo comincia ad estendersi verso l’avanti-alto.
  • Contatto con la palla nella parte mediana degli avambracci, che rimangono estesi fino alla fine del colpo.
  • Rinvio effettuato con una leggera azione delle braccia e con la contemporanea distensione degli arti inferiori (che in effetti danno l’unica spinta). 

Muro

Si chiama "muro" la parete formata da entrambi gli arti superiori che uno o più giocatori di prima linea possono innalzare oltre la rete al fine di arrestare il colpo avversario (attacco). Al muro è concesso di toccare la palla, oltrepassando l'asse verticale della rete, cioè quando la palla si trova ancora nel campo avversario. Se la palla viene toccata quando si trova nel campo avversario e non sono stati ancora effettuati i tre tocchi si parlerà di invasione aerea. Il muro rappresenta, agli effetti del gioco, uno dei fondamentali più importanti in quanto dà la possibilità, alla squadra che ha eseguito il servizio, di guadagnare il punto senza attaccare. L'azione del muro, però, è una delle più difficili, in quanto per riuscire bene occorre concentrazione massima, freddezza e una rapidità eccezionale. La difficoltà maggiore sta nel saper attendere e saltare al momento opportuno e di rimanere molto rigidi, al fine di respingere, orientando correttamente le mani, la palla del colpo avversario dentro il campo avversario.

Elementi tecnici essenziali per una corretta esecuzione del muro (fig. 3)

  • Posizione di attesa frontale alla rete, a non più di 30-40 cm. da essa, a gambe leggermente divaricate e piegate, piedi ben poggiati a terra pronti al balzo e con le mani all’altezza delle spalle.
  • Spostamenti brevi eseguiti in scivolamento, sempre fronte alla rete senza incrociare i piedi, mentre per quelli lunghi si deve praticamente correre lungo la rete.
  • Stacco da terra con entrambi i piedi in verticale a ridosso della rete cercando la massima elevazione.
  • Braccia distese verso l’alto che, passando vicinissime al bordo superiore della rete, possono invadere lo spazio aereo avversario orientandosi in avanti.  
  • Impatto sulla palla con le mani tese e le dita aperte.
  • Riprendere quanto prima il contatto visivo con la palla nella fase di discesa dal muro.
  • Ricaduta su entrambi i piedi contemporaneamente seguita da un piegamento delle ginocchia.

Attacco

Nel gioco della pallavolo, quando ci si riferisce all'attacco, si parla di colpi, in quanto ci si serve principalmente di 2 tecniche fondamentali: il pallonetto e schiacciata.

  • Pallonetto. Per pallonetto si intende un qualsiasi colpo ad una mano, pur esistendo il pallonetto a due mani, che sorprende l'avversario passando sopra o lateralmente al muro. Rappresenta una delle varianti ai colpi forti d'attacco nel caso di giocatori esperti, mentre costituisce la principale arma d'attacco nel minivolley.
  • Schiacciata. È il colpo o lo "schiaffo" che si dà alla palla, con una sola mano, cercando generalmente di colpire il più forte possibile affinché l'avversario non riesca a difenderla.

E’ l’azione motoria più complessa dal punto di vista coordinativo, perché è necessario colpire la palla nel punto più alto possibile per inviarla con forza verso il terreno di gioco avversario. Inizia con una rincorsa finalizzata a mettere lo schiacciatore nella posizione ottimale per colpire la palla. Il colpo deve avvenire al di sopra della rete, evitando di toccarla con il corpo o con la mano durante l’azione di gioco e nella fase di ricaduta, per non commettere fallo di invasione. Nel toccare il suolo lo schiacciatore deve evitare anche di fare male a se stesso o ad un compagno (magari ricadendogli su un piede) e di commettere invasione con il piede, mettendolo al di là della riga di metà campo.   

Occorre molta pratica per imparare a valutare correttamente la traiettoria della palla ed individuare il proprio punto di impatto. E’ necessaria una buona elevazione.

Se le circostanze lo richiedono, è possibile effettuare la schiacciata anche senza rincorsa.

Elementi tecnici essenziali per una corretta esecuzione della schiacciata (per un destro)(fig. 4)

L’esecuzione tecnica della schiacciata, dopo aver valutato l’alzata del palleggiatore per prevedere la traiettoria della palla ed effettuare la rincorsa più efficace, si può suddividere in cinque fasi tra loro strettamente correlate: rincorsa, stacco, fase aerea, colpo sulla palla e ricaduta al suolo.

  • Rincorsa: passo breve in avanti del piede destro seguito da un passo più lungo e veloce del sinistro e concluso da un lungo balzo radente, in cui il piede destro e sinistro arrivano in successione a terra con le gambe piegate, come a caricare una molla potente.  
  • Stacco: il piede effettua una “rullata” (rapido passaggio dell’appoggio tallone-pianta-punta) mentre avviene lo slancio delle braccia da dietro verso l’avanti alto con il corpo leggermente indietro per trasformare la velocità in elevazione.
  • Fase aerea: il corpo forma un arco dorsale per il proseguimento dell’azione delle braccia, il braccio sinistro si alza per primo in direzione della palla, il destro effettua un caricamento, flesso per alto-dietro.
  • Colpo: il braccio destro si distende e colpisce la palla in modo netto con la mano destra aperta e rigida nel punto più alto possibile provocando un incremento di velocità della palla; l’azione di “frustata” del polso la indirizza verso il basso nella direzione voluta.
  • Ricaduta: dovrebbe avvenire su entrambi i piedi contemporaneamente per essere meno traumatica possibile ed è seguita da una flessione delle ginocchia e delle anche.

Battuta

La battuta o servizio è il colpo che un giocatore esegue per iniziare un'azione di gioco. Si può considerare il primo fondamentale d'attacco, e se ben eseguito può influenzare la costruzione del gioco della squadra avversaria.
Il giocatore di zona uno, si reca nella zona di servizio, area oltre alla linea che delinea il campo e colpendo la palla con il palma di una mano la invia nel campo avversario. La caratteristica della battuta, rispetto agli altri colpi che si eseguono nel gioco della pallavolo è l'unico gesto che si esegue senza " fretta" infatti è il giocatore a decidere in 8 secondi, dopo il fischio dell'arbitro, quando eseguirlo. Il giocatore ha a disposizione un solo tentativo per eseguire il servizio, a differenza del tennis che permette due possibilità.

È possibile classificare la battuta in base a:

  • Il movimento del braccio: che può essere dal basso, laterale o dall'alto;
  • La posizione del corpo: rispetto alla rete nell'attimo in cui si colpisce la palla, che può essere frontale o laterale
  • Il tipo di traiettoria: che può essere flottante (floating) o con rotazione della palla (vari tipi di spin);
  • Il dinamismo del corpo: durante l'esecuzione del servizio da terra o in salto.

La gestualità della battuta in salto (jump serving) è molto simile alla schiacciata.

Dei 5 fondamentali della pallavolo 3 (palleggio, bagher e muro) sono simmetrici e due (battura e attacco) asimmetrici; quindi è scorretto dire, come alcuni autori riportano (Modi et al 2008), che questo sport è prevalentemente asimmetrico. Difatti nei classici tre tocchi quasi sempre due sono simmetrici e uno è asimmetrico.

Nei fondamentali definiti simmetrici la ricerca della spinta della palla che avviene non solo dall’arto superiore ma tutta la parte del corpo deve essere equilibrata. In alcune meno frequente gestualità quali il palleggio e il bagher laterale, pur se fondamentale una spinta in estensione del rachide, si può avere un’asimmetria di utilizzo dei due lati del corpo. Ciò può portare ad un incremento della concavità della curva del rachide dal lato di dove si indirizza la palla; ma essendo questa gestualità utilizzata  con la stessa frequenza da entrambi i lati, eccetto per il ruolo del libero che tendenzialmente inclina verso destra, dovendo indirizzare la palla al palleggiatore che è in zona 2 (lato anteriore destro del campo), non dovrebbe produrre o alimentare della asimmetrie della componente miofasciale del rachide.

L’attacco e la battuta sono gli unici due fondamentali asimmetrici del gioco della pallavolo, come tali li approfondiremo mediante una più specifica valutazione biomeccanica. Abbiamo già esposto che il gesto della battuta in salto è simile a quello della schiacciata, quindi lo approfondiremo solo come schiacciata.

L’attacco viene didatticamente suddivisa in 4 fase (fig. 5):

1 - rincorsa;
2 - stacco;
3 - colpo sulla palla;
4 - ricaduta.

Il primo elemento di asimmetria della schiacciata è il caricamento e stacco dopo la rincorsa. Per i destrimani il caricamento ottimale avviene attraverso un appoggio sequenziale di piede destro e sinistro con il piede /anca sinistra intra ruotata e anteriore (fig. 6).

Il compito di trasformare la velocità orizzontale acquisita durante la rincorsa in velocità verticale, utile ad elevare il baricentro del corpo, è soprattutto a carico dell’arto sinistro.

La posizione più anteriore dell’arto sinistro, prepara il bacino alla rotazione di caricamento che per un destrimano sarà verso destra.

Durante l’elevazione la rotazione/inclinazione verso destra unita all’estensione, coinvolge globalmente il rachide. Questo movimento permette al cingolo scapolare e l’arto superiore destro di poter partire da una posizione di caricamento (fig. 7) in cui i sistemi fasciali anteriori elastici (spirale anteriore) allungati adeguatamente accumulano dell’energia potenziale da riutilizzare durante la successiva fase (Colonna 2006).

La fase successiva, definito colpo sulla palla, si suddivide in tre parti: fase di accelerazione, colpo sulla palla, e chiusura o fase di decelerazione (follow through).

La fase di accelerazione, che parte dalla posizione di massimo caricamento e arriva fino al colpo sulla palla, rappresenta la fase più impegnativa dal punto dell’esplosività. A livello del tronco, questo gesto si realizza nei tre piani dello spazio con un movimento di flessione, rotazione ed inclinazione verso sinistra (fig. 8). La rotazione verso sinistra del cingolo scapolare, permette di aumentare l’accelerazione della mano sommandosi a quella della traslazione del corpo in aria e dalla flessione del tronco; l’inclinazione permette di incrementare l’altezza d’impatto della palla.

Nella fase di chiusura che segue l’impatto sulla palla, il tronco continua con una flessione e rotazione verso sinistra. La rotazione varia da atleta ad atleta. Per alcuni la rotazione/flessione  verso sinistra è molto accentuata, per altri invece molto meno. In quest’ultimo caso il ritorno dalla rotazione verso destra del caricamento si ferma con le spalle perpendicolari alla direzione della palla e parallele alla rete.

La rotazione e l’inclinazione del gesto della schiacciata o battuta può alimentare un peggioramento della curva scoliotica, perché può alimentare il tono dei muscoli che causano la deformazione, ma ciò dipende dal tipo di curva.
Nella classificazione di Lenke (2001) il 51% delle scoliosi sono primarie dorsali; doppia toracica il 20%; tripla maggiore 19.3%; la toraco-lombare con toracica primaria il 17.3%; toraco-lombare 12%; doppia maggiore 11%.

Per Negrini e Sibilla (2000), la curva toracica è  a convessità destra in oltre il 90% dei casi con apice a livello di T8-T9; la lombare presenta in circa il 70% dei casi una convessità sinistra con apice L1- L2; la toracolombare convessità destra  in circa l’80% dei casi. Da queste due classificazioni possiamo dire che le principali scoliosi sono dorsali a convessità dx con rotazione sinistra e lombari sx con rotazione dx.

Il gesto della schiacciata e battuta in salto, quindi, per i destrimani che presentano una curva dorsale destra isolata o accoppiata ad una curva di compenso lombare sinistra, per l’inclinazione utilizzata per effettuare il colpo sula palla  alla massima altezza, tenderanno, sul piano frontale, a fare peggiorare l’inclinazione verso sinistra della dorsale e migliorare quella lombare. Nel caso di una scoliosi sinistra, il movimento di inclinazione destra della schiacciata tende a migliorare la curva anomala (fig. 9). 
L’analisi dell’ampiezza di movimento ottenuta con inclinazioni a destra e a sinistra mostra che una scoliosi con un angolo medio di 46 gradi passa a 52 gradi durante l’inclinazione dal lato della concavità, mentre viene ridotto a 22 gradi durante l’inclinazione dal lato della convessità; quindi, anche se l’ampiezza nel senso della correzione è quattro volte superiore a quello nel senso dell’aggravamento (Perdriolle 1979), non conviene incentivare il movimento  e di conseguenza la flessibilità in senso peggiorativo.

Se durante una inclinazione dal lato della concavità l’angolo della curva peggiora,  per quanto riguarda la situazione sul piano trasverso, la situazione cambia. Una curva dorsale destra sarà ruotata verso destra e l’esplosività del gesto di chiusura in rotazione sinistra favorirà un riduzione.
Questa analisi cinematica essendo basata solo su dei presupposti teorici lascia, ovviamente, molto spazio a dei dubbi.

Pallavolo e scoliosi - letteratura

L'asimmetria posturale negli atleti di pallavolo e altri sport che eseguono movimenti overhead è stata descritta da molti autori (Yoo et al. 2001; Burkhart et al. 2003; Wang et al 2004; Voralek et al. 2007; Oyama et al. 2008; Kenanidis et al. 2008;  Kugler et al. 2009).

I principali disturbi funzionali della mobilità articolare sono l'ipermobilità articolare e l'ipomobilità articolare (restrizione). La fonte di questi disturbi può essere riscontrata nelle articolazioni e nei muscoli e/o nel sistema di controllo (Lewit 1999). La fonte più probabile di disturbo della mobilità articolare in atleti di pallavolo non traumatizzati è lo squilibrio muscolare, definito da Janda (1983) come una debolezza o accorciamento muscolare funzionale. L'incidenza relativamente alta dello squilibrio muscolare negli atleti junior di pallavolo è stata confermata da Voralek et al. (2007).

Nello studio (Vařeková et al. 2011) in cui sono state valutate 62 atlete di pallavolo di alto livello cecoslovacche, i risultati mostravano un modello di postura molto tipico con la depressione della scapola e della spalla dell'estremità superiore dominante, combinata con l'elevazione della cresta iliaca controlaterale. La scoliosi strutturale (accentuata asimmetria al test di Adams) è stata riscontrata solo in due soggetti; in altri casi è stata riscontrata una notevole asimmetria classificabile come funzionale. Le considerazione degli Autori sono, che tali asimmetrie sono facilmente riscontrabili nella popolazione comune, pur tuttavia sono più frequenti/evidenti nel gruppo di atleti di pallavolo femminile d'élite. Il modello posturale della cresta iliaca più elevata sulla sinistra e la spalla depressa sulla destra potrebbe essere collegato alla scoliosi funzionale a forma di S (o una postura scorretta simile alla scoliosi) con la curva toracica sinistro convessa e la curva lombare destro convessa. Contrariamente a questo modello, Kendall et al. (1993) descrivono la prevalenza della scoliosi funzionale lombare destra-toracica sinistra in individui destrimani, ma questo modello è più tipico nei soggetti con scoliosi idiopatica strutturale.

I risultati sulla presenza di una spalla depressa sul lato dominante corrispondono ai risultati di altri autori. Kugler et al. (1996) hanno osservato la presenza della spalla dominate depressa e scapole lateralizzate in trenta atleti di pallavolo competitiva (con un'età media di 25 anni). Queste differenze erano più importanti negli attaccanti di pallavolo con dolore alla spalla che nei giocatori di pallavolo senza dolore alla spalla. In contrasto con gli atleti ricreativi di attività sportive no overhead , dove non erano presenti differenze significative nel confronto delle due spalle. Henne (1998) ha descritto una colonna vertebrale estremamente curva, spalle flaccide e sporgenti combinate con una debole fissazione della scapola, squilibrio muscolare e cambiamenti nel sistema locomotivo passivo negli atleti di pallavolo. Yoo et al. (2001) hanno osservato l’incidenza di asimmetria toraciche e scoliosi in 116 atleti di pallavolo confrontandolo con un campione di controllo di 46,428 studenti. Tra i 116 giocatori di pallavolo, 60 (51,7%) hanno mostrato più di 5° di angolo di rotazione del tronco misurati mediante uno scoliometro al test di Adams, mentre i controlli degli studenti delle scuole medie hanno mostrato il 2,5%. L'angolo di Cobb più di 10° era riscontrato in 6 soggetti negli atleti, mentre nel gruppo di controllo era 465 (1,0%). Nonostante una maggiore prevalenza nei pallavolisti, l'angolo di Cobb era inferiore a 15° mentre il gruppo di controllo mostrava una grave scoliosi con angolo di Cobb che raggiungeva i 45°.

Nelle conclusioni gli Autori sottolineano che lo sviluppo muscolare asimmetrico dei pallavolisti può produrre scoliosi lieve, tuttavia questo non ha il potenziale per una progressione grave come osservato in alcuni casi di scoliosi idiopatica.

In un altro studio, Wang et al. (2004) ha esaminato dodici ragazzi e dodici ragazze delle Squadre nazionali di pallavolo junior taiwanese. Attraverso una semplice ispezione visiva, non hanno riscontrato asimmetrie evidenti nel tronco.

Voralek et al. (2007) hanno riportato "scoliosi" nel 43% delle donne di pallavolo di élite (15-19 età media 16.3 anni), ma non hanno menzionato la differenziazione tra la scoliosi reale e una asimmetria posturale.
Grabara e Hadzik (2009) valutando 42 pallavoliste adolescenti (13-16 anni) e 43 di stessa età non sportive, hanno riscontrato che  le giocatrici di pallavolo erano più snelle, le posizioni delle spalle e del bacino erano più simmetriche, mentre le scapole e il triangolo della taglia più asimmetrico.

In letteratura un lavoro specifico sulla scoliosi nella pallavolo (Modi et al 2008 ) ha postulato che ripetuti sforzi di rotazione e di piegamento asimmetrici insieme al cedimento della colonna nel rachide dei giocatori di pallavolo produca uno squilibrio nel meccanismo di stabilizzazione dei muscoli, che porta alla scoliosi. Gli Autori hanno condotto uno studio selettivo nei giocatori di pallavolo delle scuole medie e superiori confrontandoli con un gruppo di controllo di soggetti non sportivi. Hanno confrontato l'incidenza, il tipo e l'ampiezza delle curve scoliotiche e la relazione tra la dominanza e l'incidenza della curva in entrambi i gruppi, inoltre, la severità della curva con la lunghezza del gioco.

Centosedici giovani atleti di pallavolo di scuola media e di scuola media con età media di 15,2 anni (range da 11,1 a 18,9 anni) sono stati scelti per lo screening selettivo da cinque centri a Seoul e in Corea. Dopo aver ottenuto il consenso informato, è stato effettuato un esame clinico della schiena, dove è stata eseguito un'ispezione sommaria, un test di flessione anteriore di Adams e un test di rotazione dell'angolo di tronco (ATR) utilizzando uno scoliometro, come descritto da Bunnel (1984). Sono stati ulteriormente investigati quei giocatori che avevano un ATR di 5  o più gradi. Sono stati esclusi i bambini che presentavano segni di coinvolgimento neurologico o lassità legamentosa o che avevano una precedente storia di lesione della colonna vertebrale o qualsiasi tipo di disturbo neurologico come la spina bifida o la neurofibromatosi. Sono stati esclusi, anche, quei bambini che avevano avuto una scoliosi congenita o una scoliosi giovanile all'esame.

I giocatori sono stati anche esaminati clinicamente per escludere qualsiasi discrepanza nella lunghezza degli arti che avrebbero potuto causare la scoliosi funzionale ed influenzare il risultato dello studio. Per le pazienti femminili, è stata determinato la storia mestruale, l'esordio del menarca e qualsiasi irregolarità, se presente. Sono stati registrati anche altezza in piedi e dominanza.

Sono state annotate il numero medio di ore di allenamento o di gioco ogni settimana e la durata totale del gioco per tutti gli atleti; escluso i giocatori che avevano praticato per meno di diciotto mesi; chiesto informazioni sul coinvolgimento in altri giochi o sport.

Se è stata rilevata una curva all'esame clinico con il test di flessione in avanti di Adams, il soggetto veniva sottoposto a radiografie lunghe postero-anteriori e film di flessione laterale della colonna vertebrale. Le curve sono state quindi classificate per l'angolo di Cobb, calcolato secondo la tecnica Cobb-Lipmann (1948). La rotazione vertebrale apicale è stata calcolata usando il metodo di Nash e Moe (1969). Tutti i risultati sono stati registrati per l'analisi e confrontati con il gruppo di controllo.

Sono stati utilizzati come gruppo di controllo 46.428 (24.892 machi e 21.536 femmine, rapporto, M: F = 1: 0.86) bambini delle scuole medie e superiori di quarantacinque scuole (fascia di età compresa tra 11 e 15 anni), che erano stati esaminati come parte di un programma di screening scolastico a Seul.

In questo studio, il rapporto maschi: femmine era 0.84: 1 (54 maschi e 62 femmine). Il periodo medio di gioco o allenamento per la pallavolo era di 4,2 anni (intervallo, da 1,6 a 8,2 anni) con una media di  25 ± 5 ore settimanali. I giocatori erano prevalentemente destrimani nel gioco e nelle loro attività quotidiane (109 su 116). Il 63% (74 su 116) dei giocatori era più alto del 97esimo percentile per età. Non c'erano giocatori donne con alterato menarca o con amenorrea.

I giocatori erano generalmente più alti e più pesanti dei loro coetanei, probabilmente a causa dell'attività fisica e della preferenza per i soggetti più alte nella pallavolo. Alcuni autori (Carr et al 1993) hanno suggerito che i bambini con scoliosi idiopatica hanno la tendenza ad essere più alti dei loro coetanei, e l'altezza è stata implicata nella tendenza verso la deviazione anomala della colonna

Curve scoliotiche superiori a dieci gradi sono state identificate nei radiogrammi di sei giocatori (5,2%), e tutti questi giocatori avevano anche ATR superiori a cinque gradi. È interessante notare che tutti i giocatori con scoliosi avevano ATR di almeno 7°, come suggerito anche da Bunnel (1984). Bunnel ha proposto i criteri per lo screening della scoliosi utilizzando uno scoliometro e ha anche suggerito che i criteri di riferimento ATR dovrebbero essere 7° . In questo studio, i giocatori di pallavolo avevano  prevalenza di scoliosi 5 volte maggiore rispetto alla popolazione generale del gruppo di controllo (1%). Circa il 17% dei giocatori (20 giocatori) ha avuto un'asimmetria significativa durante il test di Adams. La scoliosi misurata dall'angolo di Cobb non è sempre correlata all'asimmetria o alla rotazione delle costole (Armstrong et al 1982). Questo potrebbe spiegare la bassa proporzione di curve radiologiche rispetto alla prevalenza molto alta dell'asimmetria del tronco, valutata con lo scoliosometro, nel gruppo di giocatori. Questa discrepanza nell'incidenza della morfologia del tronco e scoliosi reale può essere dovuta all’asimmetria del volume dei muscoli paraspinali negli atleti. Per inciso, il comitato di storia naturale della British Scoliosis Society33 (BSS) ha dichiarato che l'ATR medio nei maschi normali è di 0,6 ± 2,6 gradi e nelle ragazze è di 0,8 ± 2,7 gradi.

All'esame radiologico, le vertebre apicali in queste curve erano localizzate al livello toracico inferiore o al livello toracolombare. Questa localizzazione nell'area toracolombare, per gli Autori, sembra essere principalmente il risultato di ripetuti stress asimmetrici nella regione transizionale della colonna vertebrale. Poiché la colonna toracolombare si trova tra la colonna toracica rigida e la colonna lombare più mobile, un'alta percentuale di stress è concentrata in quest'area durante il gioco di pallavolo. Per confermare questa ipotesi sarebbe opportuno valutare il decorso delle curve spinali, attraverso un follow-up a lungo termine, di giocatori che continuano l’attività ad alti livello.

Esercizio muscolare asimmetrico e sovraccarico, insieme a alla maggiore instabilità della colonna dovuta alla maggiore altezza, rispetto ai coetanei, sono certamente fattori scatenanti per queste curve lievi, come si può dedurre dall'aumento di cinque volte della prevalenza della curva tra i giocatori (Tanchev et al 2000). La legge di Hueter-Volkmann (Hoh et al 2008) è applicabile in queste situazioni in cui periodi prolungati di torsione asimmetrica e carico nella parte posteriore dei giocatori di pallavolo possono portare a deformazioni nel corpo. Tuttavia, non è stato identificato alcuna deformazione a cuneo vertebrale nei radiogrammi dei giocatori. E’ stato dimostrato che le curve scoliotiche lievi possono essere prodotte in rachidi apparentemente normali senza cambiamenti nella morfologia dei corpi vertebrali (Schultz e Galante 1972).

In questo studio, il 93% (109 su 116) dei giocatori era destrorso, e cinque di loro avevano curve scoliotiche superiori a dieci gradi a destra. Dei sette giocatori mancini, solo uno ha sviluppato una curva scoliotica a sinistra. È stato dimostrato che la manualità è significativamente correlata alla direzione della curva primaria; è stato anche dimostrato che è correlata alla direzione della curva toracica inferiore, indipendentemente dalla curva primaria o strutturale (Goldberg e Dowling 2000). Né l'età in cui l'allenamento è iniziato né la durata del gioco hanno mostrato alcuna correlazione con la grandezza della curva scolastica.

Gli Autori concludevano con la necessità di condurre uno studio con follow-up a lungo termine di un gran numero di giocatori giovani per stabilire se il carico asimmetrico ripetitivo o l'instabilità della colonna dovuta all'altezza conduca alla scoliosi strutturale.

Suggeriscono, inoltre,  che gli sport che coinvolgono prevalentemente l'esercizio degli arti superiori creano uno squilibrio nel meccanismo di trasferimento del peso sulla colonna vertebrale, che risulta nell'iniziazione della curva della scoliosi insieme al cedimento della colonna.

Uno dei punti critici di questo studio è il gruppo di controllo. Infatti essendoci una correlazione positiva tra altezza e scoliosi, forse sarebbe stato meglio utilizzare come confronto un gruppo di atleti di pallacanestro, perché anche in questo sport è presente una predilizione per i longitipi.

La scoliosi associata allo sport è stata proposta come un'entità diagnostica separata, e gli Autori (Tanchev 2000)  sostengono che il caso di questo sottogruppo rimanga distinto dalla classificazione classica della scoliosi.

Conclusioni

I dismorfismi del rachide rimangono per la maggior parte sconosciuti da un punto di vista eziopatogenetico. L’attività sportiva è raccomandata sia dal punto di vista fisico che psicologico. La pallavolo, pur se inquadrata come uno sport asimmetrico, presenta la maggior parte dei gesti tecnici, simmetrici. La schiacciata e la battuta sono una gestualità asimmetrica, ma essendo la scoliosi un’asimmetrica crescita del rachide, non è detto che l’asimmetria del gesto della pallavolo sia dannoso; in alcuni casi potrebbe essere correttivo del dismorfismo.


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