CELIACHIA
A cura di: Caterina Marcato – Biologa Nutrizionista, Scienze dell'Alimentazione ed Educazione alla salute
La celiachia (o malattia celiaca) è una patologia che si scatena in seguito all’ingestione di glutine nei soggetti geneticamente predisposti.
La predisposizione genetica alla celiachia è caratterizzata dai geni HLA di classe II, DQ2 e DQ8.
La presenza del DQ2 e/o del DQ8 è condizione necessaria, ma non sufficiente, per lo sviluppo della malattia. Infatti, circa il 30-40% della popolazione mondiale presenta l’aplotipo DQ2 ma solo il 3% di questi sviluppa, prima o poi, la celiachia clinica.
Invece la negatività per entrambi gli aplotipi ne rende decisamente improbabile la diagnosi, per questo motivo si dice che la rilevanza diagnostica del HLA-DQ risiede nel suo valore predittivo negativo.
La celiachia in Italia, negli ultimi anni, non si colloca più tra le “malattie rare” in quanto la stima della sua prevalenza si aggira intorno all’1%, e il sesso femminile risulta avere una prevalenza maggiore rispetto al sesso maschile. Infatti, dai dati del 2022, risultano diagnosticati 251.939 celiaci di cui il 70% appartenenti alla popolazione femminile ed il restante 30% a quella maschile.
Ad oggi restano sconosciuti gli eventi ed il momento in cui essi si scatenano per la manifestazione clinica della malattia che si presenta in maniera molto variabile. I sintomi sono principalmente connessi al sistema gastrointestinale, come diarrea, dolore addominale, stipsi, stomatite aftosa ricorrente, ma possono presentare anche sintomi extraintestinali come: anemia, astenia, ipertransaminasemia, ipoplasia dello smalto dentario, osteopenia/osteoporosi, dermatite erpetiforme, alopecia, ritardo nello sviluppo puberale e accrescimento staturo-ponderale scarso (soprattutto in età pediatrica) ecc...
Esiste anche una celiachia definita silente poiché è assente una chiara sintomatologia e, per questo motivo, viene individuata solo in seguito ad uno screening sierologico nei soggetti definiti a rischio, come familiari di primo grado o pazienti affetti da altre patologie autoimmuni.
Esiste infine anche una celiachia definita potenziale che è caratterizzata da un pattern sierologico tipico, in presenza di un quadro istologico intestinale normale o solo lievemente alterato, con la presenza o meno di sintomatologia clinica. Solo in questo caso specifico di celiachia l’atteggiamento prevalente è quello di porre a dieta priva di glutine i pazienti sintomatici per verificare la glutine-dipendenza dei sintomi; al contrario i pazienti asintomatici vengono lasciati a dieta libera, ma con uno stretto programma di follow-up per verificare l’andamento clinico-laboratoristico e la comparsa di eventuali segni e sintomi della malattia, così come indicato dalle linee-guida dell’ESPGHAN (European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition).
La diagnosi viene effettuata controllando sierologia, biopsia e istologia intestinale.
Solo per l’età pediatrica il protocollo diagnostico permette di evitare la biopsia ove il soggetto con sintomi suggestivi di celiachia presenti una doppia sierologia positiva di un valore 10 volte superiore al cut-off.
L’unico trattamento scientificamente valido per le persone affette da celiachia è un regime alimentare privo di glutine, anche in quelle persone che non presentano sintomi. Questo perché la patologia causa anche una compromissione della mucosa intestinale che comporta un malassorbimento di molti nutrienti, in particolare di vitamine (es. la VIT. B12, acido folico) e sali minerali come il ferro. Per questo motivo, nel momento in cui la diagnosi viene accertata dal medico, è consigliato rivolgersi ad un nutrizionista che sarà di supporto nel passaggio ad una dieta priva di glutine ma bilanciata e ricca di tutti i nutrienti di cui si ha bisogno. Il nutrizionista poi sarà importante per l’organizzazione casalinga e della spesa.
Le cose fondamentali che un celiaco non può non sapere sono:
- l’elenco degli alimenti che sono naturalmente privi di glutine, e allo stesso tempo quelli che invece sono vietati
- l’elenco degli alimenti “a rischio”, ovvero quegli alimenti che dovrebbero essere senza glutine ma che possono essere venuti a contatto con il glutine durante la catena produttiva (in questo caso troverete la scritta “glutine” in grassetto o in maiuscolo)
- saper leggere un’etichetta: in particolare riconoscere i prodotti certificati senza glutine che sono rappresentati dalla spiga barrata, oppure in etichetta viene evidenziata la scritta “senza glutine o gluten free”. Nel caso in cui una di queste tre diciture non venga riportata in etichetta non è comunque detto che il prodotto contenga glutine, in quel caso è meglio consultare l’elenco presente nel sito dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC)
- conoscere le possibili contaminazioni sia casalinghe sia nei processi industriali (per questo motivo esiste l’elenco dei prodotti a rischio).
Ad oggi, esiste l’Associazione Italiana Celiachia (AIC) che può darvi un grosso aiuto per orientarvi e supportarvi ad una dieta senza glutine, oltre a suggerirvi eventuali ristoranti della zona che sono certificati in cucina senza glutine. Per fortuna sempre più cuochi sono formati per una cucina senza glutine.
Allo stesso tempo nei supermercati si possono trovare tanti prodotti formulati senza glutine; il problema di questi ultimi è che sono ancora molto ricchi in grassi e poveri di nutrienti. Per questo motivo ricordo sempre l’importanza di scegliere maggiormente alimenti naturalmente privi di glutine e prediligere nel caso una produzione casalinga.
Fonti:
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3424_allegato.pdf
https://www.epicentro.iss.it/celiachia